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Bere il vino “alla greca”: ipotesi di ricostruzione sociale mediante l'analisi dei corredi funerari delle popolazioni indigene preromane di Basilicata e Puglia
Maria Pina Garaguso  1@  
1 : CNR ISPC Potenza

I corredi funerari ci parlano di chi sopravvive e non di chi è morto. Il rituale funerario è compiuto dai vivi e attorno ai corpi dei defunti. La spiegazione della scelta e dello svolgimento dei riti va dunque cercata nel mondo dei vivi. Le tombe mostrano infatti solo quei caratteri (relativi al vestiario, all'armamento, al servizio da mensa) che la comunità riteneva opportuno valesse la pena di mettere in rilievo, nell'ambito del rituale funerario, per indicare lo stato sociale dell'individuo deposto. Le tombe stesse sono dunque anch'esse degli spazi vissuti. Proprio per questo motivo, i dati provenienti dai contesti funerari sono considerati una delle fonti principali per la ricostruzione sociologica delle comunità antiche. È necessario, però, ricordare che nelle necropoli ciò che possiamo cogliere è il riflesso di comportamenti sociali ritualizzati simbolicamente: quindi il nesso tra la realtà sociale e i corredi funerari va cercato nel confronto con altre fonti archeologiche, come la documentazione degli abitati; è infatti attraverso il riscontro con altri dati archeologici disponibili che si dovrebbero poter ricavare i criteri secondo cui avveniva la selezione degli oggetti da deporre nel contesto funerario. Se la mancanza di comparazioni con altre evidenze può costituire un limite d'informazione, bisogna però considerare gli stretti rapporti che nella mentalità arcaica dovevano intercorrere tra sfera rituale e sfera sociale. Per le comunità preromane dell'Italia meridionale, per le quali manca spesso del tutto il supporto di altra documentazione, l'indagine sui caratteri delle sepolture spesso costituisce il mezzo principale per tentare di ricostruire la loro struttura sociale.

In particolare, le popolazioni indigene che occupavano i territori delle attuali regioni della Basilicata e della Puglia, sin dagli inizi del VII sec. a.C., cominciano a manifestare nei corredi funerari la predilezione per oggetti specifici. L'ampia mobilità attestata in tutto il bacino mediterraneo si è qui concretizzata in una fitta rete di contatti e scambi, testimoniati a livello materiale da una documentazione ampiamente costituita da vasi e strumenti adoperati per la preparazione e il consumo di bevande alcoliche, in particolar modo del vino secondo dei criteri ben codificati. L'individuazione di questi oggetti emblematici ha consentito di individuare delle associazioni fra il vasellame, estremamente interessanti per delineare il ruolo della cultura materiale nella formazione dell'identità sociale e culturale delle popolazioni preromane. La significatività della relazione osservata fra forme vascolari di importazione greca e consumo del vino, infatti, è fondata sul sistema di associazioni di forme che insieme alludono alla presenza del vino di importazione greca ed al consumo della bevanda attraverso l'impiego di oggetti anch'essi importati. Questi oggetti sono funzionalmente collegati alle varie fasi che caratterizzano il consumo del vino alla greca: preparazione (cratere), distribuzione (forme chiuse), consumo individuale (coppe). Sembra che la selezione delle ceramiche avvenisse principalmente in relazione alla forma, e in particolare, alla funzione e dunque che i contesti, più che gli scambi, determinino i significati, componendo le “biografie” degli oggetti.


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