Lo spazio abitato dell'Aventino. Il riuso dell'Antico
Paola Quaranta  1@  , Giulia Ciccarello  2@  
1 : Parco Archeologico del Colosseo
2 : Collaboratrice Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma

Roma è una città particolare che da sempre vive due dimensioni temporali, sovrapponendo e intersecando il suo nucleo antico con lo spazio urbano della città contemporanea. Convivenza a volte difficile ma che ha contribuito a creare un paesaggio unico. In alcuni casi l'elemento antico è presenza monumentale votata alla pubblica fruizione; in altri è presenza nascosta all'interno della maglia urbana. L'espansione edilizia degli ultimi decenni dell'Ottocento ha avviato un processo di trasformazione che ha interessato l'area centrale e, in ultimo, il colle Aventino dove nel 1925 prese avvio il progetto del “piano urbanistico di lottizzazione”, con la realizzazione di una edilizia residenziale unifamiliare. La costruzione dei villini comportò quasi sempre il riemergere degli edifici del quartiere antico e, nella maggior parte dei casi, il loro riutilizzo come fondazioni degli edifici o, piuttosto, come cantine, spazi quindi nuovamente utilizzati. Numerosi sono gli esempi segnalati che si presentano in questa sede e fra questi, in particolare, si ripercorrerà la storia di una domus della prima età imperiale, posta al di sotto di un villino moderno ubicato in via Marcella, le cui strutture, parzialmente registrate da Guglielmo Gatti durante la costruzione, furono utilizzate come cantine del villino moderno fino alla loro “ri-scoperta” da parte della Soprintendenza Archeologica di Roma, nel 1983.

La domus, di cui si conservano cinque ambienti semipogei con ampie finestre, presenta due fasi decorative parietali riconducibili verosimilmente ad una trasformazione d'uso e ad una riorganizzazione degli spazi abitativi. La prima, testimoniata da un ampio lacerto di intonaco affrescato raffigurante una testa di gorgone su fondo monocromo bianco, si iscrive allo stile detto a “pannelli”, diffuso nel I secolo d.C. Ad essa riportano inoltre i pavimenti in tessellato bicromo di due ambienti.

La seconda fase, in stile lineare e databile alla fine del II secolo d.C., ritrae soggetti riconducibili ad una sfera religiosa e sacrale, connotata in chiave dionisiaca. La fattura più accurata e la presenza di due nicchie aperte in una delle pareti, porterebbe ad ipotizzare l'istituzione di un luogo “dedicato” con il quale ben si armonizza la rappresentazione di temi idillico sacrali del repertorio decorativo.



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