Dallo scavo alla stampa. Racconti di cronaca della nave punica di Marsala.
Chiara Vitaloni  1@  
1 : Dipartimento “Culture e Società”, Università degli Studi di Palermo

A seguito del rinvenimento di un'importante scoperta archeologica, generalmente si verificano due passaggi: prima la notizia coinvolge i diretti interessati al lavoro – per così dire gli esperti – quali Soprintendenza, Ente di appartenenza, archeologi, restauratori e si diffonde tra una cerchia ristretta di persone. Successivamente la comunicazione diventa comunicato stampa, pronto a diffondersi su testate cartacee e digitali, investendo un pubblico più generalista. Ne è un esempio ciò che accade a cadenza regolare con l'abuso del termine “Pompei”, che i giornali hanno esasperato al punto che, con orgoglio dei titolisti, spesso vengono nominati così siti che non hanno nulla a che fare con l'antica città campana (per epoca di appartenenza, per collocazione geografica, per facies culturale). L'appellativo “Pompei”[1] diventa sinonimo di scoperta inattesa.

Se, da un lato, i professionisti hanno pronta consapevolezza delle inesattezze e delle banalizzazioni che caratterizzano il sensazionalismo giornalistico, dall'altro il pubblico generalista apprende la divulgazione culturale dai mass media, ai quali si accompagna anche l'informazione web e social. Tuttavia, la lettura delle maggiori testate giornalistiche (cartacee e in replica digitale) rimane ancora oggi la principale fonte promotrice di conoscenza per oltre il 61% degli italiani over 14[2].

La testata giornalistica non diffonde soltanto informazione, ma -soprattutto per i piccoli centri urbani-il tenore delle notizie manifesta palesemente l'attaccamento e l'identità di un territorio al bene, alla scoperta che appartiene a quel territorio. Le persone sentono proprio il bene culturale: il racconto giornalistico riflette ciò che sta a cuore alla popolazione di un determinato territorio, ampliandone la percezione e il senso di appartenenza.

Il caso studio preso in esame riguarda la storia della scoperta della Nave Punica di Marsala dal rinvenimento nelle acque dello Stagnone alla sua collocazione all'interno del Museo Baglio Anselmi. Il relitto venne rinvenuto nel 1971[3] dall'archeologa britannica Honor Frost e fin dal principio fu soggetto affermato non solo nella stampa della città di Marsala, ma anche in quella regionale. In questo contributo si andrà a colmare lo “spazio vuoto” che intercorre tra la scoperta del reperto e la sua definitiva musealizzazione con le parole della cronaca, proprio perché dai caratteri tipografici è passata la storia del relitto e dell'intero museo. A tal proposito, verranno presi in considerazione gli articoli dell'epoca, a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, rinvenuti negli archivi del Parco e Museo Archeologico di Lilybaeum-Marsala e nell'archivio della Soprintendenza di Trapani. Si proverà così a riunire il materiale in un'unica miscellanea, che riporta non solo la storia di una delle più sensazionali scoperte nel marsalese, ma anche le dinamiche e le influenze dell'opinione pubblica sul bene archeologico.

 


[1] Gli esempi sono molteplici: il 28 novembre 2023, L'Arena titola “Piccola Pompei veronese, c'è un piano per trasformarla in museo” riferendosi a un sito urbano a Verona (https://www.larena.it/territorio-veronese/citta/scavi-cinema-astra-piccola-pompei-museo-1.10421007); il 10 novembre 2023, Ansa titola “Nel Bolognese avanzano gli scavi per la "Pompei del Nord"” in riferimento al sito di Claterna, in Emilia-Romagna (https://www.ansa.it/emiliaromagna/notizie/2023/11/10/nel-bolognese-avanzano-gli-scavi-per-la-pompei-del-nord_593fa7d2-2bfc-456d-a387-d28e92207b5b.html)

[3] H. Frost, Short communication, in The International Journal of Nautical Archaeology and Underwater Exploration (1972), 1: 11 3-1 64.



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